giovedì, luglio 29, 2004
Alla faccia della privacy
I giornali di oggi sono pieni di una notizia che – secondo tutti o quasi i Direttori – merita la prima pagina.
L’evento “straordinario” è il seguente: Donatella Versace, sorella del defunto Gianni e titolare della celebre “maison de mode” è entrata in una clinica americana per disintossicarsi dalla cocaina. La notizia è stata data da un altro ospite della clinica al New York Post che si è affrettato a pubblicarla; la stampa di tutto il mondo l’ha ripresa facendola diventare, come si usa dire, “di dominio pubblico”.
Ecco in proposito alcune domande che mi sorgono spontanee: la prima è se il “delatore”, anch’esso tossicodipendente, si sia deciso a rivelare al giornale il nome della illustre degente per soldi o per qualche altro motivo che, al momento, mi sfugge.
Se è per soldi, evidentemente è intercorsa una trattativa e, sulla pelle di una signora – “conosciuta” fin che si vuole, ma pur sempre un essere umano – si è barattato dei soldi con la scoloritura dell’immagine di una donna che fino a qualche tempo fa veniva fotografata a braccetto di capi di stato, principi, attori e attrici di successo, grandi finanzieri e potenti industriali.
Di questa immagine cosa resta al momento? Quella di una signora non più giovanissima, ancora piacente per chi apprezza il tipo, che si sta rotolando nel fango.
Questo fango, sia detto per inciso, non deriva soltanto dalla sua tossicodipendenza, ma nello scoperchiare la pentola, i giornali stanno inzuppando la penna in un fetido inchiostro che è fatto di liposuzioni, disastri finanziari, quadri famosi e splendide ville vendute per pagarsi i debiti e, forse, i più celebri chirurghi plastici, di rovina incombente sull’intera “maison”; il tutto all’indomani del compleanno della figlia Allegra che, diventata maggiorenne appena il 30 giugno scorso, si è ritrovata tutto questo bordello da ingoiare e digerire e a latere di tutto si è ritrovata anche il pacchetto di maggioranza dell’azienda (il 50%) lasciatole dallo zio Gianni per testamento.
Un’altra considerazione: quale interesse può avere avuto il quotidiano americano che per primo ha lanciato la notizia? E’ forse un modo per strangolare ancora di più l’azienda Versace e potersene quindi impadronire con maggiore facilità?
E i giornali italiani che hanno ripreso la notizia?
Non dimentichiamoci che l’azienda ha la propria sede in Italia e che le banche impegnate in un difficoltoso salvataggio sono principalmente italiane.
Evidentemente anche da noi si ha interesse a squassare il più possibile la famosa “griffe” per poi potersene appropriare.
Una considerazione sulla privacy, tante volte invocata e sempre più misconosciuta: la signora Donatella Versace è stata abbondantemente sputtanata prima all’epoca del divorzio dal marito, poi quando è morto misteriosamente il fratello Gianni, con tutto il fetore che venne emanato dalla vicenda, successivamente in occasione delle asserite liposuzioni e infine per questa tossicodipendenza che il grosso pubblico ancora non conosceva e che adesso ha trovato il modo di sguazzarci dentro.
Non dubito che sia tutto legale, però….
A proposito, il quotidiano americano non ha fatto il nome dell’industriale delatore che, essendo anche lui ricoverato nella stessa clinica, è un tossico, presentato come tale ma in forma anonima.
Per lui quindi la privacy ha funzionato!
L’evento “straordinario” è il seguente: Donatella Versace, sorella del defunto Gianni e titolare della celebre “maison de mode” è entrata in una clinica americana per disintossicarsi dalla cocaina. La notizia è stata data da un altro ospite della clinica al New York Post che si è affrettato a pubblicarla; la stampa di tutto il mondo l’ha ripresa facendola diventare, come si usa dire, “di dominio pubblico”.
Ecco in proposito alcune domande che mi sorgono spontanee: la prima è se il “delatore”, anch’esso tossicodipendente, si sia deciso a rivelare al giornale il nome della illustre degente per soldi o per qualche altro motivo che, al momento, mi sfugge.
Se è per soldi, evidentemente è intercorsa una trattativa e, sulla pelle di una signora – “conosciuta” fin che si vuole, ma pur sempre un essere umano – si è barattato dei soldi con la scoloritura dell’immagine di una donna che fino a qualche tempo fa veniva fotografata a braccetto di capi di stato, principi, attori e attrici di successo, grandi finanzieri e potenti industriali.
Di questa immagine cosa resta al momento? Quella di una signora non più giovanissima, ancora piacente per chi apprezza il tipo, che si sta rotolando nel fango.
Questo fango, sia detto per inciso, non deriva soltanto dalla sua tossicodipendenza, ma nello scoperchiare la pentola, i giornali stanno inzuppando la penna in un fetido inchiostro che è fatto di liposuzioni, disastri finanziari, quadri famosi e splendide ville vendute per pagarsi i debiti e, forse, i più celebri chirurghi plastici, di rovina incombente sull’intera “maison”; il tutto all’indomani del compleanno della figlia Allegra che, diventata maggiorenne appena il 30 giugno scorso, si è ritrovata tutto questo bordello da ingoiare e digerire e a latere di tutto si è ritrovata anche il pacchetto di maggioranza dell’azienda (il 50%) lasciatole dallo zio Gianni per testamento.
Un’altra considerazione: quale interesse può avere avuto il quotidiano americano che per primo ha lanciato la notizia? E’ forse un modo per strangolare ancora di più l’azienda Versace e potersene quindi impadronire con maggiore facilità?
E i giornali italiani che hanno ripreso la notizia?
Non dimentichiamoci che l’azienda ha la propria sede in Italia e che le banche impegnate in un difficoltoso salvataggio sono principalmente italiane.
Evidentemente anche da noi si ha interesse a squassare il più possibile la famosa “griffe” per poi potersene appropriare.
Una considerazione sulla privacy, tante volte invocata e sempre più misconosciuta: la signora Donatella Versace è stata abbondantemente sputtanata prima all’epoca del divorzio dal marito, poi quando è morto misteriosamente il fratello Gianni, con tutto il fetore che venne emanato dalla vicenda, successivamente in occasione delle asserite liposuzioni e infine per questa tossicodipendenza che il grosso pubblico ancora non conosceva e che adesso ha trovato il modo di sguazzarci dentro.
Non dubito che sia tutto legale, però….
A proposito, il quotidiano americano non ha fatto il nome dell’industriale delatore che, essendo anche lui ricoverato nella stessa clinica, è un tossico, presentato come tale ma in forma anonima.
Per lui quindi la privacy ha funzionato!