mercoledì, giugno 02, 2004
Emulazione
Vi ricordare che qualche tempo fa abbiamo accennato al principio dell’emulazione, tipico dei soggetti più deboli (bambini ed anziani, che sono sottoposti a incessanti bombardamenti mediatici.
In questi ultimi mesi c’è stato un “modo di agire” che ha prevalso nelle nostre televisioni: il racconto degli sgozzamenti degli ostaggi catturati dai terroristi di Al Qeda; per quanto attiene ai fatti che ci riguardano come italiani e che quindi ci colpiscono in modo particolare, possiamo citare il caso di Quattrocchi e del cuoco Amato, entrambi sgozzati, direi quasi decapitati data la ferocia e la violenza, ma ce ne sono stati altri riguardanti cittadini di altri paesi..
C’era purtroppo da aspettarsi che questa macabra, barbara, incivile pratica fosse effetto di emulazione in giro per il mondo.
Ebbene, siamo stati facili profeti: in Giappone una bambina di appena 11 anni ha “convocato” una compagna di classe in un’aula deserta e poi, con un taglierino, l’ha sgozzata; al suo rientro in classe, coperta di sangue ha fatto l’annuncio/proclama: “questo sangue non è mio!”.
Le autorità e i giornali giapponesi stanno cercando agganci con altre brutalità avvenute anni addietro, ma pur tirando la cosa da tutte le parti (come la trippa) non trovano assonanze che possano indurre a equiparare questo evento con qualche altro avvenuto in un recente passato.
Sembra quasi che si abbia paura di imputare il fatto all’emulazione da evento televisivo; sembra quasi che il mostro sacro TV non possa essere toccato.
E infatti nessun giornale ha il “coraggio” di parlarne esplicitamente, forse impauriti dalla potenza del mezzo e timorosi anche di indurre questa emulazione in altre persone.
Per me non ci sono dubbi: l’emulazione è alla base del gesto della bambina giapponese, emulazione, ovviamente inconscia, del terrorista arabo tante volte visto in TV nell’attimo che precede lo sgozzamento vero e proprio che ovviamente non è stato mai mostrato per intero ma descritto con dovizia di particolari.
Cosa fare per cercare di ovviare a tutto ciò?
Impensabile di vietare ai mezzi di comunicazione di parlare di fatti cruenti (è già tanto che non li mostrino), altrettanto assurdo vietare la televisione ai ragazzi: diventerebbe un oggetto “proibito” e quindi avrebbe il fascino delle cose vietate che, a quell’età, è grandissimo.
L’unica cosa che mi sento di poter consigliare ai genitori di ragazzi giovani, è un po’ di educazione all’immagine da fare assumere ai loro figli, quell’educazione che – partendo dal concetto che l’immagine di una sedia non è una sedia – sviluppa tutta una sorta di alfabetizzazione nei confronti dei vari tipi di immagine, che pone quindi il fruitore di tali messaggi, libero e autonomo di fronte ad essi e non condizionato da forme psicotiche di comunicazioni clandestine.
Se ne dovrebbe occupare la scuola; sì, stai fresco!
In questi ultimi mesi c’è stato un “modo di agire” che ha prevalso nelle nostre televisioni: il racconto degli sgozzamenti degli ostaggi catturati dai terroristi di Al Qeda; per quanto attiene ai fatti che ci riguardano come italiani e che quindi ci colpiscono in modo particolare, possiamo citare il caso di Quattrocchi e del cuoco Amato, entrambi sgozzati, direi quasi decapitati data la ferocia e la violenza, ma ce ne sono stati altri riguardanti cittadini di altri paesi..
C’era purtroppo da aspettarsi che questa macabra, barbara, incivile pratica fosse effetto di emulazione in giro per il mondo.
Ebbene, siamo stati facili profeti: in Giappone una bambina di appena 11 anni ha “convocato” una compagna di classe in un’aula deserta e poi, con un taglierino, l’ha sgozzata; al suo rientro in classe, coperta di sangue ha fatto l’annuncio/proclama: “questo sangue non è mio!”.
Le autorità e i giornali giapponesi stanno cercando agganci con altre brutalità avvenute anni addietro, ma pur tirando la cosa da tutte le parti (come la trippa) non trovano assonanze che possano indurre a equiparare questo evento con qualche altro avvenuto in un recente passato.
Sembra quasi che si abbia paura di imputare il fatto all’emulazione da evento televisivo; sembra quasi che il mostro sacro TV non possa essere toccato.
E infatti nessun giornale ha il “coraggio” di parlarne esplicitamente, forse impauriti dalla potenza del mezzo e timorosi anche di indurre questa emulazione in altre persone.
Per me non ci sono dubbi: l’emulazione è alla base del gesto della bambina giapponese, emulazione, ovviamente inconscia, del terrorista arabo tante volte visto in TV nell’attimo che precede lo sgozzamento vero e proprio che ovviamente non è stato mai mostrato per intero ma descritto con dovizia di particolari.
Cosa fare per cercare di ovviare a tutto ciò?
Impensabile di vietare ai mezzi di comunicazione di parlare di fatti cruenti (è già tanto che non li mostrino), altrettanto assurdo vietare la televisione ai ragazzi: diventerebbe un oggetto “proibito” e quindi avrebbe il fascino delle cose vietate che, a quell’età, è grandissimo.
L’unica cosa che mi sento di poter consigliare ai genitori di ragazzi giovani, è un po’ di educazione all’immagine da fare assumere ai loro figli, quell’educazione che – partendo dal concetto che l’immagine di una sedia non è una sedia – sviluppa tutta una sorta di alfabetizzazione nei confronti dei vari tipi di immagine, che pone quindi il fruitore di tali messaggi, libero e autonomo di fronte ad essi e non condizionato da forme psicotiche di comunicazioni clandestine.
Se ne dovrebbe occupare la scuola; sì, stai fresco!