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mercoledì, marzo 24, 2004

Poveri vecchi 

Avrete letto sui quotidiani di questi giorni, di quella coppia di anziani coniugi che ha denunciato di aver bevuto da una bottiglia di acqua minerale inquinata da un veleno (invero modesto); è stato accusato il famigerato e per ora sconosciuto “Acquabomber” e, solo dopo alcuni interrogatori sempre più stringenti, gli inquirenti hanno ricevuto le confessioni dei due anziani: erano stati loro a manomettere ed avvelenare la bottiglia di minerale. Il motivo? Semplicemente per ricevere dell’attenzione, perché qualcuno “parlasse” con loro, per sentirsi un po’ più importanti di quelle nullità che la moderna civiltà li considera.
Su questo evento, vorrei fare alcune considerazioni che servano magari perché ognuno di coloro che leggerà questo mio intervento, possa a sua volta riflettere e formarsi delle opinioni (magari anche diverse dalle mie).
Ho da sempre affermato che nel mio “programma di governo” ideale avrei collocato al primo posto la soluzione dei problemi e la migliore sistemazione per due categorie di persone: i bambini ed i vecchi. Le altre categorie all’interno di queste due sono ovviamente importanti, ma la soluzione dei loro eventuali problemi doveva venire dopo.
Perché questa scala di valori? Perché quelle due categorie (bambini ed anziani) non hanno, da soli, capacità di risolvere i loro problemi, specie quelli di natura psicologica.
Ed allora cosa dovrebbe fare uno Stato come io vorrei? Solamente mettere in testa all’agenda di tutte le sue strutture la priorità da assegnare a queste persone.
Per esempio: gli anziani che vivono con pensioni modeste, oltre ad avere difficoltà sul piano pratico, tendono anche ad estraniarsi dal contesto civile nel quale vivono, perché non hanno disponibilità finanziarie per seguire tutto quello che avviene intorno a loro.
In pratica, la loro esistenza è scandita da giorni – tutti uguali – in cui il rito del mangiare è l’unico che possono permettersi, insieme alla televisione.
E i figli, direte voi? E gli altri familiari, e gli amici?
In questa società non è facile far sentire un po’ di solidarietà; tutti sono presi dai loro impegni per “guadagnare sempre di più”, tutti corrono sempre più forte per arrivare alla meta nella migliore posizione possibile. Come è possibile che in questo turbinio di impegni e di attività ci possa rientrare il rapporto con l’anziano, con le sue turbe, le sue difficoltà di approccio, il suo sentirsi emarginato.
E infatti nessuno se ne cura, salvo alcune strutture (tipo Circoli, Misericordie, ecc.) che dedicano degli spazi a questi anziani: attività utile e meritoria, poiché se non altro li fa uscire di casa. Ma non può considerarsi esaustiva del problema, in quanto tali attività ricreano una sorta di ghetto dove rinchiudere solo anziani e dove essi non hanno nessun rapporto con il mondo vero, quello reale che è fuori del Circolo e che non ne vuole sapere di loro, specie se sono degli scarsi consumatori (e certo che con la pensione è ben difficile essere considerati dei potenziali “grandi acquirenti”).
L’articolo di giornale da cui ho tratto lo spunto per questa mia riflessione mi ha fatto stare male perché mi ha posto di fronte ad una realtà “da terzo mondo” in una società che si fa vanto della propria opulenza.
Comunque nessuna paura: tra due giorni non se ne parlerà più e le cronache torneranno ad essere piene di altre notizie “più patinate”.


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