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lunedì, gennaio 19, 2004

La giustizia sociale/5 

Nel precedente intervento abbiamo visto che il lavoratore che può vantare protezioni e forza sindacale è indubbiamente avvantaggiato rispetto a che non possiede tali requisiti.
Vi siete mai chiesti entrando in un Ufficio Pubblico e assistendo alle telefonate degli uscieri verso la propria moglie (o viceversa) per informarsi dell’andamento della casa, mentre voi siete in attesa di chiedere una informazione, se tali signori/e si rendono conto della fortuna che hanno sotto il profilo lavorativo, rispetto ad un loro simile che è stato assunto con un contratto da Co.Co.Co. da una struttura di servizi “non pubblica” ma che compie gli stessi lavori o quasi del precedente.
Il Co.Co.Co. significa letteralmente “contratto di collaborazione continuativa” e – oltre ad avere una scadenza – indica il massimo della precarietà del lavoratore, il quale - se viene pescato a…soffiarsi il naso più di una volta – può essere messo in mezzo a una strada e i sindacati non gli faranno mancare la loro sincera comprensione e…basta.
Cercherò ora di tirare le conclusioni di questi miei utopistici sproloqui che mi faranno certamente spernacchiare dalla maggioranza di voi tutti.
Il concetto di giustizia sociale presuppone una sorta di eguaglianza; il “mercato”, questa moderna parola che assolve ogni peccato, non consente di fatto questa potenziale similarità dei lavoratori di fronte alla loro attività.
Quindi possiamo dire che siamo in presenza di un mondo che porta avanti la disuguaglianza della gente e, segnatamente al mondo del lavoro, una totale forma di ingiustizia sociale.
Vi domanderete quale è il mio “mestiere”: sono uno “protetto”, dipendente di un Ente Pubblico, di quelli, per intenderci che va a lavorare se ne ha voglia! Quindi mi sento autorizzato a dire quello che ho detto!

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